Reynoutria japonica
 
 
 
 
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Da studi di Gabriele Galasso

Inclusa tra le 100 specie più
invasive in Europa
(www.daisie.eu) e nel mondo
(www.issg.org), anche in Italia
Reynoutria japonica, insieme ad
altre specie ed ibridi (ad es. R. xbohemica) dello stesso genere
può essere considerata una delle entità più invasive. Introdotta
nell’Orto Botanico di Padova intorno alla metà del XIX secolo
come pianta ornamentale, è stata in seguito coltivata anche al
di fuori di parchi e giardini per interventi di consolidamento del
suolo. La sua presenza allo stato spontaneo è documentata dal
1875, e da allora ha iniziato ad espandersi in modo allarmante.
Attualmente è segnalata in tutta l’Italia settentrionale, anche a
quote elevate sulle Alpi. Si espande preferenzialmente nelle
aree ruderali, presso le vie di trasporto e i corsi d’acqua,
propagandosi rapidamente lungo gli argini grazie alla corrente
che trasporta frammenti dei rizomi. Anche se in genere rimane
localizzata nelle stazioni disturbate, tende ad invadere anche
ambienti naturali, dove forma densi popolamenti clonali che
competono con la vegetazione autoctona, spesso
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sostituendola. In autunno perde le parti epigee, scoprendo
vaste porzioni di terreno che, prive di copertura vegetale, sono
più soggette a erosione. Dato che i popolamenti sono costituiti
solo da piante femminili, i semi derivano dall’incrocio con altre
specie dello stesso genere, come ad esempio R. sachalinensis.
L’invasività di questa specie è dovuta principalmente alla sua
vigorosa crescita vegetativa, anche a partire da piccoli
frammenti del rizoma, che permettono la diffusione in
presenza di disturbo naturale e antropico, come l’erosione
delle sponde dei fiumi, l’estrazione di materiali e i movimenti
di suolo. A causa della sua persistenza e capacità rigenerativa
(Child,Wade 2000) è di primaria importanza prevenire la
diffusione di questa specie in ambiente naturale dove ciò è
ancora possibile, controllando ad esempio l’ulteriore sviluppo
dei popolamenti