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Ombrellifere : generalità della famiglia
In basi ai criteri morfologici tradizionali, la famiglia delle Ombrellifere
[ora Apiaceae] appartiene all'ordine delle Apiales, in cui rientra anche
la famiglia delle Araliaceae. Le Ombrellifere sono una famiglia cui appartengono
piante erbacee originarie prevalentemente delle zone temperate spontanee
in zone altitudinali comprese fra 0 e 1000 m s.l.m.; le specie vegetali
molto simili alle Ombrellifere, ma con habitus più lignificato,
talvolta lianose e rampicanti, spontanee nelle zone tropicali vengono
invece raggruppate nella famiglia delle Araliacee (ad es. Panax ginseng,
Aralia spp, Hedera spp., Schefflera spp, ecc.), anche se comunque fra
Ombrellifere ed Araliacee rimangono grandi rapporti di affinità
[Tonzig S., 1968].
Il moderno sistema di revisione della tassonomia vegetale si basa non
più sulla morfologia, ma su parametri tratti dalla biologia molecolare
: viene valutata la sequenza del DNA in 3 geni : due geni presenti sul
DNA del cloroplasto ed un gene che codifica per i ribosomi [APG system
1998, APG II system 2003]. Selezionando tali parametri biomolecolari a
scopo tassonomico, si ottengono risposte sicure per quanto riguarda l'ordine
delle Apiales, definito un ordine monofiletico. All'interno di questo,
tuttavia, non è altrettanto netta la demarcazione fra la famiglia
delle Ombrellifere e quella delle Araliacee.
In conclusione, le specie appartenenti alla famiglia Ombellifere sono
di ardua classificazione e l'unico elemento distintivo di grande importanza
sistematica è il frutto.
Le Ombrellifere sono piante spontanee, ma alcune specie, essendo commestibili,
vengono coltivate anche in modo intensivo. Economicamente le Ombrellifere
sono infatti assai importanti come piante che forniscono alimenti accessori
per i loro aromi che agiscono come stimolanti e correttori del sapore
: ad es. carota, finocchio, prezzemolo, anice, sedano, aneto, finocchio,
cumino, ecc.. Altre ancora, invece, come la cicuta, sono velenose.
Generalità delle specie
La maggior parte delle specie appartenenti alla famiglia è costituita
da piante erbacee, bienni o perenni, che superano il periodo invernale
con le parti aeree ridotte a gemme a livello del suolo. I fusti erbacei
sono per lo più scanalati esternamente in senso verticale e, man
mano che la pianta cresce, internamente perdono il midollo. Comune a molte
specie è la presenza di canali secretori schizogeni, detti vitte,
che producono oli essenziali, resine e altre sostanze aromatiche (che
nel complesso conferiscono il caratteristico profumo tipico di ogni ombrellifera).
Le foglie sono alterne, composte, più o meno profondamente incise,
picciolate e con ampia guaina. I fiori, sono riuniti in infiorescenze
"ad ombrella". I singoli fiori sono minuscoli, tanto che la
funzione vessillare nei confronti degli insetti pronubi viene affidata
all'infiorescenza in toto. La morfologia fiorale è relativamente
semplificata. I fiori sono per lo più ermafroditi, piccoli, attinomorfi,
pentameri, caratteristicamente riuniti in infiorescenze ad ombrella, semplici
o più spesso composte. Talvolta, invece, i peduncoli fiorali sono
raccorciati al punto che l'infiorescenza assume l'aspetto di un capolino
(Eryngium). Le infiorescenze ad ombrella sono spesso accompagnate da brattee
e bratteole che avvolgono i raggi dell'ombrella principale (involucro)
e/o quelli delle singole ombrellette (involucretto).
I sepali sono 5, piccoli, spesso persistenti all'apice del frutto. I petali
sono 5, bianchi, gialli o più raramente di altri colori, gli stami
sono 5. Il gineceo è bicarpellare sincarpico con ovario infero
e stili spesso rigonfiati alla base a formare una struttura nettarifera
(stilopodio). La formula fiorale in genere risulta:
* (ovvero?) K5 C5 A5 G(2).
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Quando, come nel caso delle Ombrellifere, i fiori sono riuniti
in infiorescenza, può significare che il singolo fiorellino è
piccolo, talvolta insignificante e da solo non riuscirebbe ad attrarre gli
insetti impollinatori. I fiorellini sono quindi riuniti in una infiorescenza,
che nel suo insieme diventa vistosa, può avere un diametro anche
di 10 - 15 cm ed in tal modo può svolgere la sua funzione vessillare
(richiamare cioè gli insetti impollinatori).
DISEGNI
Il frutto è un diachenio, cioè uno schizocarpo (frutto dirompente)
che a maturità si separa in due acheni retti da un peduncolo centrale
(carpoforo). La superficie esterna dei frutti può presentare strutture
come costolature, solchi (vallecole), canali secretori con oli essenziali
(vitte), oppure adattamenti per la diffusione per mezzo del vento o degli
animali come ali o aculei. Le caratteristiche del frutto sono essenziali
per il riconoscimento delle Ombrellifere, che presentano una notevole
uniformità dei caratteri dei fiori e degli organi vegetativi. Esemplari
privi di frutti maturi difficilmente possono essere identificati fino
al livello di specie.
Le Ombrellifere sono piante ad impollinazione entomofila, quindi sono
visitate da insetti di vario genere. Esse sono generalmente buone nettarifere
e costituiscono per gli insetti una fonte alimentare nel periodo estivo
quando vengono a mancare altre fonti di approvvigionamento di cibo e per
l'uomo una fonte di miele.
Qualche esempio fra le specie più comuni e diffuse : sono utilizzate
come ortaggi e piante aromatiche : la carota (Daucus carota), con frutti
coperti di aculei e infiorescenze che alla fine si chiudono a nido d'uccello;
il prezzemolo (Petroselinum crispum), tossico se consumato da cotto in
quantità eccessive e usato in passato come pericoloso abortivo;
il sedano (Apium graveolens), di cui esistono anche cultivar con base
del fusto tuberizzata (sedano rapa); il finocchio (Foeniculum vulgare),
di cui si utilizzano anche i frutti come aromatizzanti; l'aneto (Anethum
graveolens) e il cerfoglio (Anthriscus cerefolium), di cui si usano le
foglie fresche. Molti sono usati come aromi e spezie in cucina, in liquoreria
e nell'industria alimentare i frutti (impropriamente chiamati semi) dell'anice
(Pimpinella anisum), del carvi (Carum carvi), del cumino (Cuminum cyminum),
del coriandolo (Coriandrum sativum, con foglie di odore sgradevole). Molte
specie hanno proprietà medicinali, ad es. l'angelica (Angelica
archangelica) e la centella (Centella asiatica) anche se non è
originaria dei nostri climi, ma del Madagascar, va certamente ricordata
per la sua importanza in campo medicinale.. La famiglia comprende anche
numerose specie velenose come le cicute: cicuta maggiore (Conium maculatum,
con fusto con macchioline rosso-vino) e varie specie del genere Cicuta.
Fra le Ombrelifere spontanee ricordiamo anche il genere Eryngium, con
foglie e brattee spinescenti e fiorellini a pedicelli molto corti riuniti
in infiorescenze con aspetto di capolini, comprende alcune piante
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infestanti dei pascoli; il genere Bupleurum ha foglie intere,
inconsuete per la famiglia; Ferula, erbacea di grande taglia con foglie
laciniate e fiori giallastri diffusa in zona mediterranea, può provocare
avvelenamenti del bestiame; in alcune regioni alpine la mirride (Myrrhis
odorata) viene utilizzata per la produzione di sciroppi o liquori in sostituzione
dell'anice, Sanicula europaea è comune nel sottobosco di boschi freschi;
varie specie di Chaerophyllum e Anthriscus, con foglie simili al prezzemolo,
sono frequenti nei boschi umidi; Tordylium apulum, con fiori periferici
zigomorfi (irregolari) per lo sviluppo del petalo esterno che rendono l'infiorescenza
più appariscente e simile a un unico fiore, è comune nei prati;
varie specie di carote selvatiche (gen. Daucus) sono frequenti nei campi
e in vicinanza del mare.
Ombrellifere : curiosità dalla storia
Il silfio (conosciuto anche come Silphion o Laser) è una pianta
estinta appartenuta probabilmente al genere Ferula (famiglia Apiaceae
o Ombrellifere). Cresceva in una ristretta zona costiera, di circa 200
per 60 km, in Cirenaica (nell'attuale Libia). Considerato una specie estinta
di "finocchio gigante" (anche se qualcuno ritiene che in realtà
appartenga alla specie non estinta Ferula tingitana), rappresentava un
tempo la maggiore risorsa commerciale dell'antica città di Cirene
per il suo utilizzo come spezia e medicinale. La pianta era così
importante per l'economia cirenaica che divenne il simbolo della città
ed era rappresentata in molte delle sue monete. Secondo la leggenda, la
pianta era un dono del dio Apollo. Era ampiamente utilizzata dalla maggior
parte delle antiche culture mediterranee; i Romani la consideravano "valere
il suo peso in denari." Il prodotto di valore era una resina (detta
laser o laserpicium) ricavata dalla pianta. Veniva raccolta in maniera
simile a Ferula assafoetida, una pianta con proprietà simili al
silfio, tanto che i Romani, compreso il geografo Strabone, usavano la
stessa parola per descrivere entrambe.
A parte i suoi usi nella cucina greco-romana (come ad esempio nelle ricette
di Apicio), la pianta era utilizzata per molte applicazioni mediche. Si
diceva che potesse essere usata per trattare la tosse, la gola irritata,
la febbre, l'indigestione, i dolori, le verruche e tutti i tipi di malattie.
Ma soprattutto, secondo Plinio il Vecchio, era utilizzata come contraccettivo.
Oggi sappiamo che molte specie appartenenti alla famiglia delle Apiaceae
hanno proprietà estrogeniche, ed è stato dimostrato che
alcune (sedano, carota selvatica, ecc.) possono fungere da abortivo; è
quindi possibile che la pianta fosse farmacologicamente attiva per la
prevenzione o l'interruzione della gravidanza.
La ragione della presunta estinzione del silfio non è completamente
chiara. Molte speculazioni si basano su un aumento della richiesta di
carni di animali che fossero nutriti col silfio, per presunti effetti
sulla qualità della carne. Un'altra teoria sottolinea l'avidità
dei governatori della provincia romana Creta et Cyrene; la cosa sarebbe
del tutto plausibile, visto che la corruzione dei governatori romani era
già stata documentata da Cicerone nelle sue Verrinae. Dopo aver
preso il potere dai coloni greci che avevano governato Cirene democraticamente
per secoli, i governatori avrebbero cercato di massimizzare i profitti
della loro provincia facendo coltivare intensivamente il silfio, ma rendendo
in questo modo il suolo inadatto ad ospitare la pianta selvatica a cui
si attribuiva il valore di medicinale. Teofrasto dice che la Ferula che
veniva specificamente chiamata "silfio" aveva delle esigenze
così particolari da crescere solo allo stato selvatico e da non
poter essere coltivata con successo su un terreno dissodato. La validità
di questa affermazione è comunque incerta
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