Atropa belladonna
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Famiglia Solanaceae Nome volgare Belladonna Caratteristiche Pianta perenne, erbacea, con grosso rizoma cilindrico,
fusti eretti, scanalati, alta sino a 150 cm. Diffusione Presente, ma rara, in tutta Italia. Sostanze contenute Alcaloidi tropanici (atropina, iosciamina, scopolamina) flavonoidi, tannini. Parti velenose della pianta Tutta la pianta è estremamente velenosa, dalle foglie che contengono atropina e iosciamina, alle radici, ricche di scopolamina, ai fiori, alle bacche, agli steli. 3-4 bacche di belladonna possono essere mortali anche per un adulto. Habitat: Sporadica nei boschi freschi, specialmente di faggi. 0-1400 m. Proprietà farmaceutiche: Analgesiche, narcotiche, antispasmodiche.
Per uso esterno pomate antireumatiche.In omeopatia è usata nel
trattamento dell'emicrania. Nota Contrariamente a quanto annotiamo per altre piante, l'essiccazione delle parti aeree ne aumenta la tossicità con la trasformazione della iosciamina in atropina Curiosità Antiche credenze .Mettere a dimora due piante di belladonna all'ingresso del giardino, ai lati del viale che conduce all'abitazione, allontana gli spiriti maligni e quindi salvaguarda l'intera famiglia che vi risiede. |
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Dal libro "Piante velenose" di Appendino- Luciano - Colombo - Gatti. ed. ArabaFenice - Boves. La belladonna è la più conosciuta fra le cosiddette "piante delle streghe", ed è da sempre associata a riti satanici. L'intossicazione è infatti caratterizzata da allucinazioni e disordini psicomotori, sovente di natura erotica, che si manifestano con movimenti stereotipi di danza, risa, pianto, urla e tentativi di morsicare chi sta vicino. E' stato ipotizzato che il sabba delle streghe sia il risultato dell'uso rituale della belladonna, che provoca anche una sensazione di levitazione (le streghe volano!), e la pianta è immortalata (per così dire) nel nome di alcuni complessi (sic) psichedelici...(Ci dissociamo dal definirli musicali per rispetto alla musica) La belladonna è anche molto velenosa, ed il suo nome latino (Atropa) fa allusione alla Parca che tagliava il filo della vita. Alla fase eccitatoria ed allucinatoria, seguono infatti tutti i classici sintomi di avvelenamento muscarinico (dilatazione delle pupille, secchezza delle fauci, rossore cutaneo, disturbi cardio-circolatori con accelerazione del polso, ed infine paralisi respiratoria). L'utilizzo medicinale della belladonna è relativamente tardivo,
a ragione della sua velenosità e della difficoltà di dosaggio.
La pianta è stata usata come anestetico chirurgico prima dell'avvento
degli anestetici di sintesi. La belladonna è stata usata in passato
come veleno per le frecce, e alla morte dell'Imperatore Augusto si diffuse
la voce che la moglie Livia l'avesse avvelenato con la belladonna. Nell'undicesimo
secolo, gli scozzesi respinsero l'attacco degli invasori danesi avvelenando
con il succo delle bacche di belladonna la birra scura dei loro rivali.
Il loro capo era Macbeth, immortalato poi nell'omonima tragedia di Shakespeare.
Il nome "belladonna" fa riferimento all'uso cosmetico della
pianta nel Rinascimento, quando il suo succo era utilizzato per dilatare
la pupilla e rendere più attraente lo sguardo delle dame. Gli effetti
della pianta sull'occhio sono di lunga durata (giorni), ma la dilatazione
delle pupille porta a gravi difficoltà di accomodamento, rendendo
difficile la lettura. Le dame potevano anche sembrare più attraenti,
ma di sicuro non leggevano molto. L'utilizzo cosmetico di composti così
velenosi non deve sorprendere: il Botox, così popolare per togliere
le rughe, contiene infatti la tossina botulinica, il veleno più
potente che si conosca. |