Famiglia: Liliacee
Nome volgare: Colchico d'autunno
Caratteristiche: E una pianta erbacea vivace con un bulbo
ovoidale, grosso all'incirca come una noce, profondamente interrato e
coperto da parecchie squame brune.
Il fiore appare in tarda estate come un tubo bianco allungato con 6 lembi
(tepali) di colore dal rosa al lilla; ha 6 stami e 3 stili.
Il frutto, contenente i semi, è una capsula ovale, più o
meno solcata, lunga tra i 3 e i 5 centimetri, che troviamo racchiusa tra
le foglie e matura in primavera.
Fiorisce in autunno. Possiamo riconoscere il colchico autunnale dai crochi
perché ha 6 stami invece di 3; ha 3 stili sporgenti dal tubo, separati
tra loro sin dalla base.
Habitat: Cresce nei prati e nei pascoli, ambienti umidi. 0-2100
m. Fioritura da agosto a settembre, fruttifica da maggio a giugno.
Diffusione Comune
Sostanze contenute La pianta nella sua interezza è velenosa
per la presenza di alcaloidi particolarmente tossici, tra cui la colchicina,
localizzata nel rivestimento dei semi.
Le altre sostanze tossiche, tra cui ricordiamo l'inulina e diversi alcaloidi,
sono concentrate in particolare nei bulbotuberi.
Proprietà farmaceutiche: Tutta la piante è molto
velenosa., ma in particolare i semi e il bulbo. Celebre pianta medicinale.
In dosi molto modeste è un ottimo diuretico. Ha anche proprietà
antireumatiche e antigottose.
Non esiste antidoto. L'uso di questa pianta e strettamente riservato
ai medici.
Nota: I fiori del colchico sono tipicamente autunnali; in primavera,
invece, compaiono le foglie e i frutti, situati alla base delle prime.
Tutte le parti della pianta e specialmente i bulbo-tuberi sono tossiche,
per il contenuto in colchicina. I sintomi causati da questo alcaloide
consistono in bruciore alla bocca, nausea, vomito, diarrea sanguinolenta,
aumento della frequenza cardiaca e dolori toracici. Questi sintomi compaiono
precocemente, da 2 a 5 ore dopo lingestione di parti della pianta.
I sintomi tardivi (>24 ore), invece consistono in febbre e insufficienza
epatica e renale. La febbre può persistere per alcune settimane.
Attenzione deve essere fatta al latte di pecore o capre che hanno brucato
questa pianta; gli animali sono piuttosto resistenti allazione della
colchicina, mentre il loro latte può essere tossico per luomo.
Cavalli e bovini invece, abitualmente evitano di brucare la pianta.
Grande attenzione deve essere prestata all'utilizzo di latte proveniente
da pecore e capre che abbiano mangiato questa pianta: questi animali,
infatti, sembrano avere una notevole resistenza ai composti tossici presenti
nel colchico autunnale, mentre il latte diviene tossico per gli uomini
e pericoloso specie per i bambini ed i soggetti sensibili.
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Dal libro "Piante velenose" di Appendino- Luciano -
Colombo - Gatti. ed. ArabaFenice - Boves.
Il colchico è una delle più importanti piante medicinali
della flora italiana, ma, paradossalmente, è anche una delle più
velenose. Tutte le parti della pianta, sia aeree che sotterranee, contengono
infatti l'alcaloide colchicina, che ancora oggi rappresenta il trattamento
d'elezione per l'attacco acuto di gotta e la febbre famigliare mediterranea,
una malattia genetica diffusa in Medio Oriente.
La colchicina è particolarmente concentrata nei frutti (fino allo
0.8%). In estate, a maturazione completa, il frutto si comporta come una
specie di maracas, e risuona come un sonaglio per la presenza dei semi
secchi al suo interno. Giocare con questa specie di innocente giocattolo
naturale può, in realtà, avere conseguenze gravissime, perché
la dose letale di colchicina è molto bassa, corrispondente all'ingestione,
in un bambino, di meno di due grammi di semi. La colchicina è un
veleno della mitosi, che blocca i binari (i microtubuli) su cui scorrono
i cromosomi durante la divisione cellulare. Come risultato, si ottengono
cellule con un corredo cromosomico "raddoppiato", non vitali
nel caso delle cellule animali, ma sovente con proprietà interessanti
nel caso delle cellule vegetali. La pratica della "colchicinizzazione"
è molto usata dagli ibridatori di piante per ottenere delle varietà
caratterizzate da dimensioni maggiori e crescita più rapida. La
"colchicinizzazione" porta a cellule che, se ibridate con le
cellule normali, danno ibridi sterili, che sono di valore commerciale,
dato che l'agricoltore deve acquistarne i semi ad ogni ciclo produttivo.
Le angurie senza semi sono state create in questo modo. Il trattamento
con colchicina mima un processo che ha una certa frequenza in natura,
e non si tratta, ovviamente, di piante OGM, dato che non è introdotto
materiale genetico estraneo. Come faccia il colchico a resistere al suo
veleno è ancora oggi un mistero.La colchicina presenta forte azione
irritante sulle mucose. La dose letale per un adulto è intorno
ai 20 mg, e si tratta del farmaco a più basso intervallo terapeutico
(rapporto fra dose attiva e dose tossica) utilizzato in medicina. La colchicina
è un alcaloide non basico. Fu isolata oltre 100 anni prima che
la sua struttura venisse chiarita, ed i sintomi dell'avvelenamento l'hanno
fatta chiamare "l'arsenico vegetale" per la somiglianza con
quelli di questo veleno inorganico. Si comincia, con un ritardo di alcune
ore rispetto all'ingestione, con una sensazione di bruciore nella bocca
che rende difficile la deglutizione, poi si scatenano diarrea violenta
e dolore intestinale. Le feci rappresentano una delle principali vie di
eliminazione della colchicina e, in questo contesto, contribuiscono all'eliminazione
del veleno. Per questa ragione, in caso di avvelenamento acuto, conviene
non trattare la diarrea.
Non esistono antidoti specifici, e la morte sopravviene per collasso cardio-circolatorio.
L'avvelenamento cronico porta alla perdita reversibile dei capelli, che
ne facilita la diagnosi.
La fama della colchicina di veleno micidiale non è passata inosservata
a Hollywood, ed una puntata della popolare serie Dr. House-Medical Division
racconta infatti la storia di uno studente che, per sbaglio, prende delle
compresse di colchicina per il trattamento della tosse. La tosse va via,
ma poi il poveretto passa il resto della puntata fra la vita e la morte
in un letto di ospedale. La puntata è stata celebrata per l'accuratezza
con cui descrive i sintomi dell'avvelenamento da colchicina. La letteratura
medica riporta, in effetti, molti casi di questo avvelenamento, per cui
gli sceneggiatori non hanno dovuto improvvisare troppo. Nella maggioranza
dei casi, l'avvelenamento deriva dal dosaggio eccessivo del farmaco o
di taglio di droghe di abuso con colchicina (l'eroina dà una stipsi
ostinata, e la colchicina aiuterebbe, per così dire, a contrastare
questo effetto) e non dall'ingestione della pianta. Fra i casi di avvelenamento
da colchico, uno che ebbe molto eco fu quello, negli anni sessanta, di
due adulti, che morirono per aver scambiato le foglie del colchico con
quelle dell'aglio ursino ed averle mangiate in insalata. Il guaritore
che aveva loro consigliato la terapia fu condannato a due mesi di prigione
per "pratica illegale della medicina". Il colchico è
attualmente considerato fra le piante medicinali a rischio di estinzione,
per cui lasciarlo stare a fare bella mostra nei prati alpini è
un vantaggio per noi (non ci contaminiamo con colchicina) e per la specie.
Industrialmente, la colchicina non è più ottenuta dal colchico,
ma dai rizomi e dai semi di Gloriosa superba, una magnifica pianta africana
(è il fiore nazionale dello Zimbabwe), coltivata come pianta da
appartamento. Le stesse considerazioni fatte sulla velenosità del
colchico valgono anche per questa pianta. La colchicina è stata
di recente alla base di un'aspra polemica in USA. Sfruttando un cavillo
legale, una piccola azienda farmaceutica, o, meglio, speculativa, è
riuscita ad avere l'esclusiva del mercato della colchicina in questo Paese,
aumentando poi il prezzo del prodotto da 9 a 485 (!) dollari per confezione,
il più grande aumento di prezzo mai registrato nel campo farmaceutico.
Indubbiamente, questa piccola pianta colorata ha rappresentato e rappresenta
tuttora una delle specie botaniche più importanti per l'umanità,
capace di scatenare interesse scientifici e speculativi, e ancora piena
di mistero.
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