Famiglia: Poligonacee Nome volgare: Centinodio Caratteristiche:Pianta
erbacea annuale o raramente biennale con radice robusta, talvolta lignificata;
i fusti, generalmente molto ramificati, sono spesso prostrati sul terreno e si
dipartono a raggiera dalla radice fino a 60 cm di lunghezza. Le foglie, lunghe
al massimo 4 cm e larghe 2 cm, sono molto variabili, hanno un picciolo corto o
sono sessili; il lembo varia da strettamente lineare a ellittico con l'apice acuto. I
fiori, molto piccoli, sono riuniti in fascetti di uno-cinque, all'ascella delle
foglie, dalla porzione media fino al termine dei rami; hanno cinque tepali di
forma ellittica, di colore bianco o rosato e verdastri esternamente. Il frutto
è un achenio piriforme, arrotondato alla base e gradatamente ristretto
verso l'apice, racchiuso nei tepali persistenti. Habitat: Pianta
infestante comunissima negli incolti calpestati e lungo le strade.0-1850 m. Giugno
ottobre
Proprietà farmaceutiche: Astringenti, antiemorragiche,
cicatrizzanti, diuretiche, leggermente sedative. (Droga usata: la pianta
intera senza radice).
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Dal libro "Erbe di città" vol I - di Giovammi Appendino
- Riccardo Luciano - Renzo Salvo - ed ArabaFenice.
La centinodia è una pianta ubiquitaria nel panorama urbano, ed
è anche una delle specie ruderali più diffuse, al punto
di essere utile nelle indagini di polizia come marcatore di un luogo specifico.
Esistono infatti delle piccole differenze nel patrimonio gentico delle
varie popolazioni della pianta, che possono essere facilmente evidenziate
con le moderne tecniche di analisi e rappresentano una specie di impronta
botanica di un posto specifico. La possibilità è stata dimostrata
in Olanda per identificare il colpevole del delitto di una donna, il cui
cadavere era stato gettato in un fiume in una zona in cui la centinodia
cresceva abbondante. I semi della pianta furono trovati sulle ruote dell'auto
del sospetto omicida, e fu dimostrato che provenivano proprio dal posto
in cui il cadavere della povera donna era stato gettato nel fiume. L'aspetto
anonimo della pianta, con il suo portamento prostrato ed i fiori minuscoli,
non deve trarci in inganno, perché la pianta ha un ruolo ecologico
importante. Produce in modo abbondante semi di cui sono ghiotti gli uccelli,
e questa osservazione ha ispirato il nome della pianta (aviculare dal
latino avis, uccello). Il nome stesso del genere (Polygonum) farebbe riferimento
non alla presenza di molti nodi nel fusto (gonus in greco vuol dire nodo),
ma alla facilità di diffusione di queste piante (gonos in greco
vuol dire discendenza). La pianta è mangiata dal bestiame, ed è
commestibile, anche se l'elevata concentrazione in tannini non la rende
di sicuro una ghiottoneria. La radice è utile per consolidare il
terreno, che la pianta è in grado di detossificare, estraendo i
metalli pesanti, soprattutto il mercurio, che lo contaminano. Alle radici
sono inoltre associati dei microorganismi in grado di degradare gli idrocarburi
del petrolio. Queste proprietà rendono la pianta una vera e propria
sorte di "operatore ecologico" vegetale.
La centinodia ha anche una fame letteraria, per via di una citazione nel
Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare, in cui si fa riferimento
alla credenza che la pianta sia in grado di ritardare la crescita dei
bambini e dei cuccioli. Questa nomea potrebbe essere, in principio, associata
alla presenza di tannini, che inibiscono gli enzimi digestivi e l'assimilazione
dei principi nutiritivi, ma la rilevanza alimentare della pianta è
sempre stata molto limitata. La centinodia ha invece una certa importanza
medicinale,legata alle proprietà astringenti dei suoi tannini,
che la rendono un rimedio utile per il trattamento delle emorroidi e,
a livello topico, per il trattamento di emorragie e ferite. La centinodia
è anche ricca di silicio, ed il suo decotto era usato come diuretico
e antielmintico.
Tutto sommato, la centinodia non dà fastidio: ha un suo ruolo ecologico
e fornisce alimento per gli uccelli e gli animali domestici. Ben diversa
è invece la situazione di un suo parente esotico, il poligono giapponese
(P. japonicum = Reynoutria japonica), che è probabilmente la pianta
più invasiva che si conosca in Europa. Il poligono giapponese è
originario dell'Estremo Oriente, dove cresce dovunque, persino sulla lava
dei vulcani. E' stato introdotto in Europa nella prima metà dell'ottocento
come pianta ornamentale, ed in pochi anni è diventata una calamità.
E' un'erba gigante, che può raggiungere i 3 metri di altezza, con
un apparato radicale imponente, che soffoca quello di ogni altra pianta.
Una vera e propria pandemia vegetale, che tollera qualsiasi tipo di terreno
(acido, basico, siloiceo, sabbioso, umido).
La prima pianta importata in Europa era un individuo femminile, ed è
stato dimostrato che la popolazione inglese del poligono giapponese è
costituita interamente da individui femminili derivati per propagazione
vegetativa da un unico esemplare, probabilmente quello originariamente
introdotto nell'ottocento.
In termini di biomassa, questo enorme clone rappresenta il più
grande individuo femminile esistente sulla terra. Il poligono giapponese
forma fitte siepi impenetrabili, che impediscono la crescita di qualsiasi
altra pianta e bloccano l'accesso all'area infestata. La pianta ha una
capacità di riprodursi impressionante, e qualsiasi frammento della
radice, anche minuto, genera una nuova pianta, contribuendo così
alla sua diffusione. Per questa ragione, in Inghilterra dove il problema
è particolarmente grave, la pianta è considerata "rifiuto
speciale", come una pila al mercurio, e va smaltita in siti speciali.
La coltivazione della pianta è proibita, anche se la sua copiosa
fioritura bianca la rende attraente dal punto di vista estetico. Il poligono
giapponese è presente anche in Piemonte, dove fitte popolazioni
sono state segnalate ai bordi del Po e del Sesia. Di particolare preoccupazione
è la segnalazione di ibridi fra questa pianta ed altri poligoni,
in quanto queste piante, oltre alla facilità di propagazione vegetativa
tipica della specie esotica, producono anche dei semi vitali, e possono
quindi propagarsi per via sessuata.
Le radici del poligono giapponese sono la fonte industriale del resveratrolo,
un composto noto per la sua associazione con il "paradosso francese"
e le qualità benefiche del vino rosso. La maggioranza del resveratrolo
usato negli integratori alimentari e nei cosmetici non è infatti
ottenuto dalla vite, che ne contiene poco, ma dalle radici di questa pianta.
Non è chiaro se le straordinarie capacità di resistenza
del poligono giapponese siano legate in qualche modo alla presenza di
concentrazioni così grandi di resveratrolo, ma l'ipotesi è
affascinante.
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