Venerdì 16 aprile 2004
L'AVARO DI MOLIERE
adattamento e regia di Mario Scaccia
con Mario Scaccia, Fabrizio Coniglio, Antonella Piccolo, Rosario Coppolino,
Claudia Carlone, Edoardo Sala, Anna Ciancia, Fabrizio Rendina, Massimo
di Vincenzo, Edoardo Sala, Claudio Pennesi, Francesco Bianculli, Felice
Baroni, Fabrizio Rendina
musiche originali di Fiorenzo Carpi
IL TEATRO MOLIÈRE DI ROMA
Perché l'Avaro di Molière
Una Compagnia di Comici (antichi o di oggi - non hanno né età
né connotati - ma quella famiglia di girovaghi dinnanzi alle cui
meraviglie s'incantò lo stupore dell'adolescente Molière,
e dai quali trasse le mosse e tanto materiale per il suo teatro per nulla
accademico) arriva su una piazza a recitarvi appunto la commedia dell'Avare.
Poi i Comici, prima di salutare il pubblico, ne commentano la morale.
Questa mia trasposizione è l'opera di un attore che s'illude di
possedere una sensibilità ed un'esperienza di palcosce-nico atte
a poter ricreare nella propria lingua quella scioltezza e quelle coloriture
indispensabili al gioco scenico non perdendo mai di vista che la preoccupazione
prima di Molière fu quella di fare comunque spettacolo. E non per
nulla ho inventato - a scanso di querele - l'espediente dei Comici che
recitano la commedia, prendendo così vari piccioni con una fava:
primo, quello di poter aumentare la vivacità del testo volendone
fare spettacolo popolare, e l'altro, non meno importante, di trovare giustificazione
legittima a qualche arditezza interpretativa e a qualche apparente tradimento.
Inoltre mi era indispensabile rendere accettabili al pubblico di oggi
situazioni e personaggi non altrimen-ti possibili se non in un dichiarato
gioco di teatro nel teatro: vedi per tutti il Signor Anselmo. Lo stesso
Arpagone andava rivisitato prima di riproporlo protagonista tragicomico
al centro di una festa di teatro fatta di gags, di simmetrie e meccanizzazioni
prese di peso dai giochi della Commedia dell'Arte e dagli equivoci del
prototipo plautino di Aulularia. Evidente-mente Molière scriveva
per sé e per i suoi comici, ed è questo che io ho voluto
rifare: riscrivere per me e la mia Compagnia. Ho riscritto la com-media
rivivendola nella trasfigurazione registica che mi proponevo, adat-tando
le battute per metterle in bocca agl'interpreti che avrei avuto a disposizione,
nella preoccupazione massima di liberare quanto mi premeva sal-vare dal
contesto seicentesco e dalla sua convenzione per restituirlo inte-gro
nell'essenza indatabile della sua sostanza e del suo gioco scenico.
Devo confessare che tutto questo non mi e state difficile, anche se apparentemente
può sembrare che mi sia lasciato andare a macroscopici arbitrî.
Come là dove faccio dire a Frosina: "Sarei capace di combinare
un matrimonio fra un Arabo e un'Ebrea", reinventando la battuta di
Molière che dice testualmente: "Je marierais le Grand Turc
avec la République de Venise". Nell'interpretazione registica,
che ha guidato, come dicevo, la mia trascrizione, c'è stato inoltre
l'intento di approfittare di questo testo per celebrare l'attore, e non
ho trovato di meglio che ripor-tare Molière alle sue origini e
alla sua autenticità di teatrante, vale a dire di chi colloquia
con il pubblico.
Tutto il resto è letteratura.
Mario Scaccia
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