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Dalla "Relazione sulla provincia di Mondovì" dell' Intendente Lazzaro Corvesy del 1753 riportiamo questa interessante descrizione del terrirorio ( dal CD-rom "Mondovì e la sua provincia" a cura del Centro Culturale Mombasiglio)
Frammezzo la città d’Alba, Mondovì, Savona, Finale, ed Albenga, alle falde de’ monti Apenini, ed appresso l’alpi Ligustiche trovasi collocato il Marchesato di Ceva dal fiume Tanaro nel suo nascimento intersecato, consistente in montagne alpestri, aride Langhe, e scoscesi dirupi la maggior parte del suo distretto. Appartengono a questo Marchesato oltre la città di Ceva che ne è il capo, li luoghi d’Ormea, Garescio, Priola, Bagnasco, Nucetto, Malpotremo, Perlo, Castelnuovo, Montezemolo, Priero, Sale, Salicetto, Igliano, Castellino, Roascio, Torricella, Mombasilio, Lisio, Viola, Scagnello, Battifollo, Pamparato, Monasterolo, Lesegno, Niella, S. Michele, e Torre. Indarno sarebbe l’investigare l’origine di questi luoghi, e particolarmente di detta città di Ceva, mentre sino a questa parte niuno degli istorici si è accinto a trattarne, tanto è antica a segno di non potersene avere accertata cognizione. Il primo a parlarne fu Plinio a Lib. II cap. 42 qual siccome scrisse ne’ tempi di Trajano Imperatore che principiò a regnare nell’anno 99 di nostra salute; viene implicemente a giustificare la preesistenza di quella molto tempo avanti; servendo di più a comprovare la sua antichità quanto infra. 1° La situazione e struttura di Ceva, le mura, le torri, ed altre particolarità, che verranno infra rapportate, quali apertamente la distinguono dalle altre città state fabbricate nel Piemonte da anni mille a questa parte. 2° Un superbissimo arco di pietra intagliata sul fiume Tanaro nel territorio di Nucetto, che per tradizione si sa essere stato costrutto ad opera d’uno degli Imperatori Romani. 3° Un’altissima e magnifica torre perfettamente rotonda tutta di pietra tagliata, ed uniforme, qual trovasi nel territorio di Castellino, adornata nella cima con merli, e circondata da un torrione della stessa materia lavorato. 4° Altre riguardevoli torri ne’ territorii di Castelnuovo, Scagnello, e Battifollo. 5° Le vestigia d’una fortificazione nel territorio di Bagnasco, che per scritti e per tradizione si sa d’aver servito di nido agli empii Saraceni, allorché nell’ottavo e 9° secolo infestavano il Piemonte. 6° e finalmente le vestigia di molti Castelli che quasi in tutti i luoghi di questo Marchesato si vedono stati dal tempo rovinati. Premessa l’antichità di Ceva, e terre circonvicine, devesi necessariamente dire che la Repubblica Romana qual distese il suo Impero dall’Eofrate all’Oceano ne abbi avuto il dominio e sovranità tramandata poscia negli Imperatori Romani, che principiando da Giulio Cesare l’anno della creazione del Mondo 3912 terminarono in Augustolo l’anno del Signore 476. Dopo Augustolo regnarono i Re Longobardi principiati da Alboino, e terminati nell’anno 774 nella persona di Desiderio, che fatto prigione dal Gran Carlo Re di Francia, fu confinato nella Gallia. Estinto in tal forma il reame de’ Longobardi nella persona di Desiderio, fu distribuito il regno a’ baroni e Capitani di Carlo Magno in ricompensa di loro belle azioni, ed assonsero il nome di Marchesi, sino a che Ottone primo Imperatore successore di Carlo Magno donò a figliuoli di Alleramo Prencipe Sassone diversi Marchesati circa l’anno 960 fra quali quelli di Monferrato, Saluzzo, e Ceva, ed in tal occasione principiò la vera denominazione di questi marchesati. Regnarono li figliuoli d’Alleramo, non meno che li loro descendenti, e successori a guisa di padroni assoluti, facendo battere monete d’oro e d’argento come particolarmente si verifica nella persona di Manfredo terzo Marchese di Saluzzo nell’anno 1294 esiggendo da’ sudditi tributi e taglie senza veruna dipendenza, sino a che moltiplicatisi estremamente ne’ discendenti per linea mascolina e feminina di detto Alleramo li pretendenti in detti Marchesati, ciò diede causa a moltissime dissenzioni e guerre fra loro onde nel 1292 Nano Marchese di Ceva assieme a Giorgio e Guglielmo suoi figliuoli per evadere forse le continue guerre, e procurarsi un appoggio si sottomisero al comune d’Asti con tutto il Marchesato, e rapportarono da quello l’investitura di questo. Sebbene detti Marchesi apertamente dimostrati si sian per più secoli assoluti patroni del Marchesato di Ceva, la sovranità però in esso dee dirsi stata riservata all’Imperatore Ottone, e che perciò sia passata negli Imperatori suoi successori, salvo che transferte si fosse nei re d’Italia, quali principiando nell’anno 888 in persona di Berengario, continuarono in Ugone da cui furono scacciati gli invasori Saraceni circa l’anno 910 e terminarono in Ardoino nell’anno 1014 tempo in cui questo fu da Enrico Imperatore privato del regno d’Italia; sicché sia per opera di Carlo Magno, che d’Enrico Imperatore, si stabilì in loro, e negl’Imperatori loro successori la Sovranità di questo Marchesato, come degli altri, e di quello di Saluzzo, qual ha la stessa origine e natura di quello di Ceva, a qual fine Manfredo 4to Marchese di Saluzzo ottenne investitura da Enrico 7° Imperatore; Tommaso altro Marchese fu investito dello stesso Marchesato da Carlo 4° Imperatore circa l’anno 1355. Federico e Tommaso altri Marchesi di Saluzzo nel 1363 e 1413 giurarono fedeltà ligia al conte Amedeo di Savoja, che poi fu primo Duca, riservata però quella fatta all’Imperatore, di modo che a questo apparteneva la sovranità in detti Marchesati, come anche del contado d’Asti, quale sebbene la translazione dell’Impero in Germania sia stato molto tempo in libertà, abbia posseduti castelli, mosse, e sostenette guerre, ricadè però all’obedienza dell’Impero, a quell’effetto Carlo quinto Imperatore donò al serenissimo Duca Carlo III di Savoja, o sia alla Duchessa di quello cognata nel 1531 la città e contado d’Asti, e marchesato di Ceva, in vista della pace precedentemente conchiusa con Francesco primo re di Francia, essendo in tal forma il Marchesato di Ceva pervenuto sotto il felicissimo Dominio del Regnante Carlo Emanuele Re di Sardegna. La natural sterilità di questo Marchesato porta in se l’universale povertà de’ suoi abitatori, e più motivi unitamente concorrono per giustificazione della medesima cioè 1° La mancanza di sufficiente commercio da cui viene causata la tenuità del prezzo de’ frutti. 2° La frigidezza del terreno originata dalla sua esposizione verso mezza notte, e tramontana, e dalla gran copia di nevi che annualmente vi cadono, e vi permangono ordinariamente per tutto Marzo. 3° La situazione rapida e montuosa, che porta in se sicità nell’estate, e la facile esportazione delle colture dall’aque pluviali. 4° La mancanza di bealere, o altre aque con quali possono irrigarsi i beni. 5° Il considerabile dispendio che si richiede per la manutenzione delle vigne. 6° e finalmente le tempeste e brine a quali resta questo Marchesato sottoposto, essendo cosa rara l’andarne un anno esente. Il maggior raccolto di questo Marchesato consiste in castagne, e la mancanza, o scarsezza d’esse causa penuria agli abitatori, a quello delle castagne succede il raccolto del vino, restando di poco conto gli altri frutti di grano, legumi e simili, e solo comincia ad essere di qualche considerazione il reddito de’ Moroni, al piantamento de’ quali si sono gli abitatori da anni quaranta circa in qua disposti per procurarsi quel sostentamento, che non le verrebbe dagli altri generi di frutti suppeditato in vista della stretta obbligazione che hanno di pagare al loro Sovrano li tributi, e nello stesso tempo concorrere verso i Vassalli al pagamento di quelle stesse annualità a quali furono sottoposti dagli antichi Marchesi, allorché la facevano da Sovrani. Ceva capo di questo Marchesato giace in una Valle angusta fra li due fiumi Tanaro e Cevete da’ quali per essere ben vicini ad essa, e molto rapidi, altro profitto non misurasi che frequenti, innondazioni, distruzioni di case, e corruzioni di beni. Ella era già circondata da antichissime mura tempestate di torri in buonissima forma lavorate, quali in numero di dieci ancor di presente compaiono parte intere, e parte dal tempo distrutte, e quanto alle mura sono in buona parte state rovinate da detti fiumi; le sue contrade quantunque anguste restano proviste di portici ora in buona parte chiusi, le case per esser irregolari ed incommode altro non meritarebbero che biasimo, se non venissero scusate dall’antichità che evidentemente dimostrano nella loro struttura. In una piccola eminenza, ed in contiguità dell’abitato sonovi le vestigia d’un ben antico castello e dalle mura che lo circondano con tal soddezza fabbricate che avendo dovuto finalmente cedere al tempo si sono intiere rovesciate sul suolo per conservare anche cadute la memoria della loro antichità. Due sole Chiese e quattro cappelle ritrovansi nel distretto di Ceva, una si è la Chiesa matrice officiata da nove Canonici compreso l’arciprete li di cui soggetti e redditi sono come a carte, l’altra appartiene alla confraternita sotto il titolo S.ta Maria, e S.ta Cattarina, non avendo tanto le chiese, che cappelle suddette cosa alcuna in loro, che meritar possa qualche riguardo. In vicinanza delle mura trovansi tre Conventi di frati, uno de’ minori Conventuali di S. Francesco fondato dallo stesso Serafico Padre in quale risiedono cinque Sacerdoti, e tre laici; altro di S. Agostino appartenente e soggetto alla congregazione di Genova, in quale dimorano quattro Sacerdoti e tre laici, avendo il reddito caduno di detti Conventi £. 3000 circa consistenti parte in beni allodiali, e parte in censi e crediti, e finalmente altro di Capucini sendo la fameglia ordinariamente composta di dieci Sacerdoti, due chierici, e quattro laici. Nella somità d’un monte denominato della guardia distante un terzo circa di miglia dalla Città trovasi la reale fortezza denominata comunemente il Castello di Ceva, quale fu principiata da Carlo terzo Duca di Savoja, immediatamente alla cessione fattagli da Carlo 5° Imperatore di questo Marchesato nell’anno 1531 fu compita dal Duca Emanuel Filiberto, indi anni 90 circa sono ampliata con la formazione d’un’opera corna esteriore, soffrì questa fortezza nell’anno 1706 l’assedio de’ Francesi durante giorni 18 dopo quali richiamati questi all’assedio di Torino, partirono dopo aver recato gravi danni alla città, e terre circonvicine. Il territorio di Ceva comprende in se una piccola pianura verso Ponente, montagna verso mezzo giorno, e langa a Levante e mezza notte; confina con i luoghi di Lesegno, Mombasiglio, Malpotremo, Nucetto, Priero, Sale, Roascio, Torricella. Trovasi distante dalla città di Torino miglia 40 sette dal Mondovì, e diecisette da Savona. Fu onorata del titolo di Città da Carlo Emanuele II nel 1650 in vista forse della sua antichità, d’esser capo d’un Marchesato, d’aver prossima una fortezza e veramente abbisognovi l’autorità, e speciale grazia del Sovrano per dichiararla, e farla credere tale, mentre nel comprendere nel suo recinto non più di ducento case, il non aver queste altro di riguardevole che la loro antichità, e l’essere li suoi abitatori per lo più poveri, e di bassa condizione, senza che vi concorri commercio che la sostenti, amenità di sito che la esalti, salubrità d’aria che la ravivi, magnificenza di chiese ed edifficii che la nobiliti, simetria di contrade che l’adorni, moltiplicità di persone nobili, virtuose, o ricche che l’illustri, oltre di che l’esser poi infeudata ut supra, è un’evidente prova che non ha se non se l’apparenza d’un ben ordinario villaggio. La giurisdizione poi di Ceva, non meno che delle terre del Marchesato resta diviso in tante porzioni, che a stento numerar si puonno consortili, trattandosi di feudi stati concessi per maschi e femmine, in vista di non essersi dagli antichi Marchesi voluta osservare la legge Salica, e dall’essersi dal Marchese Nano come avanti s’è detto fatti comprendere li maschi e femmine nell’investitura rapportata dal Comune d’Asti dalla divisione di qual giurisdizione principalmente ne derivano, che i vassalli, che prima abitavano ne’ Castelli di questo Marchesato a profitto de’ sudditi, a prò de’ quali consumavano i loro redditi hanno trasportato altrove il loro domicilio, pochi solamente essendone rimasti ad abitarvi così costretti dalla loro povertà. Vi sono alla campagna le seguenti Cappelle; S. Siro nella contrada detta de’ Poggij. Questa è Chiesa Parrochiale il di cui paroco che ha il titolo di Prevosto è il sig. Pietro Giuliano Fechino. San Rocco in cui vi resta una confraternita sotto il titolo di S. Sebastiano. Vi resta pure in detta contrada de’ Poggij altra parrochiale sotto il titolo di S. Antonio il di cui Paroco che porta il titolo di Rettore, è il sig. D. Domenico Mondone, in poca distanza di detta contrada vi è pure la cappella di S.ta Lucia, e quella di S. Diego. Altra Cappella resta nel cantone denominato delle Molere sotto il titolo di S. Marco, resta parimenti questa Cappella parochia, sendo il paroco il sig. D. Giacomo Antonio Cassini col titolo di Rettore, ivi vi è pure una Cappella sotto il titolo di S. Rocco. Ne’ Cassinali trovansi le seguenti Cappelle, S.ta Liberata, la Madona di Loretto, S. Carlo, S. Lino, S. Salvatore, S.ti Solutore, Adventore ed Ottavio, la Consolata questa è una Chiesa di bella struttura con cinque altari, in cui si fanno continue fonzioni, S.Carlo nella regione della Piana, ove si è pure la Cappella di S. Pietro, e quella di S. Roco, S.ta Margarita, S. Vincenzo, S. Bernardino, la Madonna della Neve, li redditi delle parrochie e collegiate sono come a carte. Trovasi ancora nel borgo sottano che resta nel recinto della Città un piccol ritiro di Monache sotto il titolo della Visitazione, fondato nell’anno 1666 ove vi sono ordinariamente due in tre Monache non professe con una serva, non possedono beni immuni, ma solo pochi allodiali di reddito di £. 100 supplendo al rimante bisognevole le elemosine. Fanno sua residenza in questa Città li Sig.ri Marchesi Francesco Damiano Pallavicino, Marchese Giuliano Incisa di Sale, Marchese Francesco Giacinto Ceva di Roascio, Marchese Felice Nicolao Ceva di Nucetto, Conte e Comandante della Città Maria Rovelli, Conte Gioanni Antonio Derossi Capitano del Reggimento Piemonte, Vassallo Francesco Amedeo Derossi, Conte Carlo Antonio Garello di Rifredo, Vassallo Giuseppe Maria Sauli d’Igliano, Vassallo Vincenzo Gagliardi. Avvocati: Gianni Antonio Riccardone, Vassallo Amedeo Derossi, Nicola Bellone, Gioanni Antonio Cora, Gianbattista Greborio. Medici: Pietro Antonio Moretti Lettore di filosofia, Domenico Demichelis. Notaj: Pietro Francesco Cora, Carlo Francesco Ceva, Giuseppe e Gianbatista padre e figlio Botalla, Ludovico Orta, Giorgio Antonio Gulielmetti, Giuliano Francesco Rogiero, Bernardino Francolino, Giuseppe Garone, Gianbattista Demichelis, Gioanni Battista Buttino, Giuseppe Facio, Giacomo Ferrero, Maurizio Peretti, Felice Bellone, Felice Fechino, Giuseppe Pecollo, Bartolomeo Rezemini, Giuseppe Antonio Balbis. Vi sono pure le seguenti fameglie di qualche riguardo: Pietro Giuliano Bocca, Gerolamo Barberis, Carlo Greborio, Filippo Bugnardi, Francesco Bellone, Antonio Moretti, Gioanni Ghilardo Rogiero, Domenico Casinis, Pietro Giuliano Serra, Alfonzo Dalmazzone, Carlo Mina, Giuseppe Gioja. Speciali: Giuseppe Maria Leone, Nicolao Pilotiero, Simone Marazzani. Fondichieri: Ludovico Beltramo, Lorenzo Davico. Chirurghi: Gioanni Bartolomeo Rogiero, Pietro Testanegra, Gerardo Davico, Francesco Maria Sitto. Misuratore e Geometra Gioanni Batista Quaglia. Mercanti Pietro Berlia, Gianbatista Durid, Alessandro Carlod. Vi sono pure quattro mercanti di tele, e ghingaglierie. Vi è un filatore a tre piante, due da filato, ed altra da torto. Quattro filature da seta di 100 forneletti tra tutte. Vi è un molino feudale di quattro ruote tre a granaglie, ed una a galla proprio degli sig.ri Marchesi S. Giorgio, Marchese Pallavicino, Marchese Ceva di Roascio, Marchese Carretto di Lesegno, Marchese Incisa di Sale, Conte Rovelli, Conte Garello di Rifredo, Vassallo Derossi, sig. Bocca, e Barberis, e Madama Gautier, di reddito tra il pedaggio e Leida che sono uniti a detto molino £. 2300. Un edifficio d’affitteria proprio del sig. Carlo Grebori, altro appartenente al sig. Lorenzo Davico, ed altro al sig. Gioanni Manassero. Vi sono sedici telari da tella. Si fanno in questa Città annualmente quattro fiere, che cadono li 5 Maggio, 5 agosto, 18 ottobre, e 13 dicembre. Tre mercati caduna settimana, cioè il martedì, giovedì e sabato, sovra quali mercati e fiere si suole per lo più commerciar granaglie, e comestibili. Vi sono in questa città e suo finaggio quarantacinque preti, Sacerdoti, oltre a venti chierici. Vi è pure un ospedale d’infermi di letti dieci, qual ha il reddito di £. 2000 circa in beni allodiali. La giurisdizione di questa Città resta divisa tra gli seguenti sig.ri Vassalli, non sapendosi però quale precisa porzione appartenga a medesimi. S.S.R.M. Sig. Marchese Pallavicino ivi abitante. Marchese Federico Ceva ivi abitante. Conte Fauzone abitante in Nucetto. Sig. Marchese Giuseppe Ceva ivi abitante. Sig. Marchese di S. Giorgio abitante in Torino. Marchese Carlo Felice Del Carretto abitante in Lesegno. Marchese Francesco Felice Ceva abitante in Nucetto. Marchese Viarisio. Marchese Clemente Vivalda abitante in Mondovì. Marchese Germoneo Incisa di Sale abitante in Ceva. Marchese Federico Vitale abitante in Cuneo. Conte Filipone abitante in Mondovì. Conte Flaminio Vacha abitante in Saluzzo. Marchese Massimino abitante in Torino. Marchese Meana Rippa Buschetto. Cavagliere Gianone Buschetto. Eredi Vassallo Antonio Bassi abitanti nel luogo. Eredi Vassallo Giacomo Galiardi abitanti nel luogo. Gli suddetti Vassalli non hanno alcun reddito giurisdizionale