Il castello
 
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Dal libro " Storia, arte e castelli del cuneese"
di Anita Piovano - Ed Gribaudo.

Il castello di Ciglié si trovò, per la sua posizione, ad interessare sia Ceva che Mondovì ed in seguito anche il Monferrato. I Ceva, nei 1275, lo vendettero tramite il loro procuratore, Bonifacio De Bajs, a Guglielmo dei Borghesi. Questa famiglia, che lo ebbe in sua proprietà abbastanza a lungo, lo dovette cedere, nel 1391, a Mondovi. Trascorsi cinquant'anni torno ai Borghesi. Pochi anni dopo però Matteo Borghesi, già sottomesso alla signoria del Marchese del Monferrato, vendette definitivamente feudo e castello a Giacomo Torre di Mondovi.
Nella sua decisione aveva influito il timore di trovarsi ben presto coinvolto nelle guerre che travagliavano il Marchesato.

Giacomo Torre, noto per il suo mecenatismo nella zona, a cui si deve tra l'altro la ristrutturazione della chiesa di S. Fiorenzo di Bastia, l'aveva acquistato nel 1454. Alla sua morte passò a Girolamo Basso della Rovere, nipote di Sisto IV; quindi ne furono proprietari i Laigueglia e, nei 1538, Amedeo Pensa di Mondovi. Risale a questo periodo, e precisamente a dopo il 1550, la trasformazione del castello in dimora rinascimentale, fatto co-mune a molti altri. Queste ristrutturazionì, volte ad eliminare dal castello gli apparati più prettamente difensivi, iniziano già nel corso del secolo XV per continuare nel XVI e svilupparsi ulteriormente in quello successivo. Esse " ancor oggi - scrive A. Griseri - si distinguono non certo per fasto barocco, ma per una struttura che, se all'esterno tiene conto ancora nella costruzione delle tipologie tardo rinascimentali, all'interno presenta le caratteristiche di una dimora di campagna con sale, mobilio e ricami di un esplicito gusto barocco piemontese. A questo proposito ancora si può osservare che, mentre i restauri del Cinquecento e del Seicento trasformano la tipologia dei castelli accentuando il carattere di abitazione che già avevano assunto nel secolo xv, l'Ottocento cercherà di conservare piuttosto nei suoi restauri, evidenziandoli, i caratteri primitivi di quei modelli, accogliendoli in un'interpretazione romantica".
Ritornando ai Pensa di Mondovi, nuovi proprietari del castello di Ciglié con Amedeo, c'è da ricordare che il figlio, Giovanni Antonio, volle fare del feudo, forse suggestionato dagli esempi delle grandi corti rinascimentali, un piccolo staterello autonomo, in cui viveva da principe nelle sue dimora di Ciglié, Roccaciglié e Marsaglia, sfarzosamente arredate, dettando lui stesso le leggi ai suoi sudditi. Uguale stile di vita contrassegnò anche il fratello che gli succedette e questa impressione la si ricava sin dall'inizio quando, dice G. Beltrutti, " volle insediarsi nel feudo con una parata militare in grande stile ". Alla sua morte, avvenuta, nel 1612, ereditò feudo e castello il genero Francesco Capris dì Torino, i cui discendenti abitarono nella dimora a lungo e la tennero efficiente fino all'inizio di questo secolo.