Dal
libro " Storia, arte e castelli del cuneese" di Anita
Piovano - Ed Gribaudo.
Ceva, capoluogo dell'omonimo Marchesato, punto chiave nelle comunicazioni
tra Piemonte e Liguria, in un periodo in cui queste erano di vitale
importanza perché seguivano, per i limitati mezzi del tempo,
percorsi obbligatori, ebbe origini antichissime. Fu infatti cospicuo
borgo dei Liguri Stazielli sui confini dei Vagienni e quotata ai
tempi dei Romani proprio per la sua col-locazione geografica. |
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La rete stradale interessò moltissimo
ai Romani e lo dimostrano le strade che seppero creare e che tennero sempre
in perfetta efficienza, non solo perché utili negli scambi commerciali,
ma perché permettendo un rapido spostamento delle truppe, si trasformavano
in un ottimo mezzo di dominazione. Ceva appare ampiamente fortificata fin
dal 1100; una serie di documenti, a partire dall'anno 1111, ci parlano di
un castello che sorgeva sulla punta di una piccola rocca. Questo luogo venne
scelto in quanto era il più elevato della conca, in cui si erano
stanziati gli abitanti di Ceva, attorniata da alti colli e dominata da un
picco altissimo.
Possiamo dire che Ceva fu centro importante al tempo di Benifacio del Vasto
ed alla sua morte passò al figlio quartogenito Anselmo che, nel 1142,
ebbe l'investitura da Ottone II. Il più famoso marchese di Ceva fu
pcrò Giorgio II, detto il Nano, uomo di piccola statura ma di grande
ingegno militare e politico il quale lasciò una impronta personale
negli avvenimenti che contraddistinsero il Marchesato ed i suoi dintorni.
Egli dapprima si alleò con Asti, poi, dietro lauto compenso, accettò
di diventarne vassallo e forte di questo appoggio si impose nella zona.
Anche i Bressano di Mondovì, che in passato si erano ribellati con
successo al Marchesato, furono costretti a subirne l'azione. Al figlio del
Nano, Guglielmo, si deve l'istituzione di una zecca che coniò formi
d'oro e d'argento. Ceva poi cambiò ie sue alleanze: passò
infatti nel 1342 dalla parte del Monferrato contro Asti, antica sua alleata.
Ma Asti ebbe l'appoggio dei Visconti di Milano che inviarono un forte esercito.
Assediata, Ceva fu costretta ad arrendersi alle truppe viscontee. Pochi
anni dopo però gli abitanti, stanchi dei soprusi degli invasori,
alleatisi segretamente con i paesi vicini, insorsero apertamente ed assalito,
una notte dcl gennaio 1356, il castello, sorpresero la guarnigione e la
trucidarono insieme con il governatore Cristoforo Malatesta. Un episodio
simile si registrò nuovamente dopo il 1387 quando ne entrarono in
possesso gli Orléans. La popolazione infatti si rifiutò di
pagare i tributi impadronendosi del castello. Nelle varie lotte, peggiorate
dalla presenza di mercenari in cerca di bottino, la costruzione fu danneggiata
ed ulteriormente compromessa da alcune frane che praticamente la fecero
crollare. Il luogo passò poi ai Savoia e precisamente a Carlo III,
il buono, a cui l'imperatore Carlo V aveva ceduto Asti e Ceva. Poco dopo,
nel 1539, Emanuele Filiberto vietò ai nobili ed ai feudatari del
Marchesato di alienare i feudi e conferì, nel 1559, il titolo di
Marchese di Ceva a Giulio Cesare Pallavicino che eresse l'attuale costruzione.
Il suo aspetto è quello di un grandioso palazzo con vaste sale, privo
degli apparati difensivi, tipo spalti, fevitoie e ponti levatoi.
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